L'acquario senza pesci
Qualche tempo fa ho scritto un pensiero breve, un appunto mentale che ha messo radici dentro di me, invitandomi a rileggerlo più volte alla ricerca di una verità più profonda:
Una storia senza personaggi è come un acquario senza pesci.
Ma qui non si tratta di pesci, ma dell'acqua che li tiene sospesi.
Scrivere è un mezzo per comprendere meglio la propria vita, e queste due righe sono la sintesi perfetta di una modalità con cui mi approccio alla scrittura e alla creatività.
Tutti i miei sforzi sono rivolti alla creazione del contenitore, del contesto generale, dell’ambientazione. Ma completato questo passaggio la spinta propulsiva viene meno e quello che nasce è spesso un “incompiuto”.
Dove si nascondono i pesci? Cosa si muove nella vasca?
L’opera incompleta contiene in sé la magnificenza della possibilità e la vertigine del fallimento, restando sospesa tra due poli opposti. Come non amarla?
Ma è anche una scusa per non farsi carico delle proprie idee, come un moderno Viktor Frankenstein che abbandona la sua creatura dopo averla generata.
Per dare più respiro all’idea dell’acquario, ho provato a portarla ad una forma più compiuta: un drabble, ossia un racconto di circa 100 parole:
Una storia senza personaggi è come un acquario senza pesci.
Ma qui non si tratta di pesci, ma dell'acqua che li tiene sospesi.
Figure di cartone ritagliate ruotano sospinte dalla corrente.
Litri d’acqua che si accomodano sul fondale sabbioso, esercitando una costante pressione sulla vasca per trovare una via di fuga.
Sarebbe sufficiente una piccola crepa nella struttura per poter finalmente scrosciare sul pavimento in modo scomposto e inondare ogni cosa.
Ma l’acquario resiste, cela la sua debolezza, e tappezzato da residui organici termina la sua funzionalità in soffitta.
L’acqua, infine, finisce nel water trascinata dallo sciacquone.
Archiviata la questione della vasca e dei pesci, era tempo di muovermi verso altre direzioni. Di dedicarmi al progetto fotografico X, costruendo l’ossatura del racconto.
Un buon punto di partenza per fondare un progetto è il delirio di onnipotenza, immaginare di creare una pietra miliare della narrativa mondiale.
Poi c’è sempre tempo per aggiustare il tiro.
Il mio obiettivo era di creare un racconto distopico che contenesse sotto traccia una comparazione tra i vari linguaggi afferenti alle arti visive (fotografia, pittura, diorami, grafica).
Le linee guida del racconto erano contenute in un “report”, che doveva fungere da introduzione al libro ma soprattutto da guida per me, a cui attenermi per creare le immagini.
Eccolo di seguito:
- Un mormorio sommesso attraversa le cose, ogni cosa
- L’elettronica è ovunque nel paesaggio
- Il sistema binario cade a pezzi
- Di queste e altre cose non si parla: non c'è tempo per farlo, occorre pensare rapidamente
- Ogni porzione di realtà è stata classificata, fino a perdere il senso della misura
- Gli operatori hanno posto le basi per una comparazione di tutti i linguaggi afferenti alle arti visive, arti grafiche, studi tecnici
- L’unità minima, codice "X", è stata messa a regime e utilizzata con successo per l'allineamento di un campione fotografico e di un diorama con ambientazione in scala 1:1 di autore ignoto
- Instabilità strutturali hanno compromesso la trasmissione di dati, causando irregolarità nella matrice di misurazione
- A dispetto di ogni speranza, è noto ai più che oltre l'orizzonte degli eventi non c'è posto per tutti.
In questo mondo dai tratti ancora molto fumosi e vagamente incomprensibili ho collocato un abitante. Un fragile segno di vita da un mondo instabile come un castello di carta, creato come avatar nel videogioco The Sims 4.
Un uomo sulla quarantina, probabilmente in crisi di mezza età (per inserire un elemento autobiografico), modellato ispirandomi all’aspetto fisico di David Foster Wallace.
Un omaggio allo scrittore maestro nella creazione di mondi e continua fonte di ispirazione per la mia ricerca.